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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Il Sud che non c’è
Ragazzi, se la Calabria proclamasse uno sciopero regionale di tutto, chi se ne accorgerebbe mai? Nemmeno il TG3 regionale, il quale, come di consueto, si troverebbe a Varapodio o alle sfilate di moda gabellate per cultura. Problemi di treni? Ma no, quelli importanti, che trasportano merci appetibili, passano dritti anche da S. Eufemia e galoppano verso la Sicilia; o ne vengono, ma sempre di corsa. Industrie, grandi commerci? Mica ce ne sono. Ci furono le industrie di Crotone e Vibo, ma le hanno chiuse, e in cambio hanno messo le province: poi vi lamentate che ci chiamano passacarte e mantenuti! Ci sarebbero le scuole, ma è noto che quando c’è sciopero dei professori scioperano solo gli studenti, soprattutto se è sabato. C’era una volta anche il mantenimento del Sud perché potesse comprare i prodotti del Nord, e giù assistenza diretta e indiretta; ora il Nord ha la Croazia e la Slovenia e la Lapponia, e se ne impipa di Soverato. Siamo o non siamo nell’Europa unita? Insomma, dovremmo prendere dei provvedimenti molto seri e radicali, ovvero tirarci su le maniche e inventarci qualche lavoro vero, che serva a produrre per vendere o per consumare. Non è difficile, si chiama, almeno dai tempi di Senofonte, economia, alla lettera, governo della casa; e si fa di agricoltura, allevamento, pesca, trasformazione, commerci e servizi. In quest’ordine, ragazzi, non tutti nei servizi e a lavorare quasi nessuno! Ci vorrebbe una classe dirigente nuova: culturale, politica, amministrativa, burocratica, ecclesiastica eccetera. Un buon inizio, mandare a casa le seguenti categorie: intellettuali depressi e piagnoni e antimafia segue cena; politicanti incapaci di spendere i fondi che l’Europa ci regala; funzionari passacarte; professionisti della Messa. Ripensare tutta l’organizzazione della società calabrese, con il più possibile di agricoltori, allevatori, operai, imprenditori, marinai, e il meno possibile di tutto il resto. E se turismo dev’essere, che lo sia davvero, come un lavoro e non come una furbata agostarica. Cominciamo dalla scuola: apriamo un bel po’ di istituti professionalizzanti sul serio; e chiudiamo qualche fabbrica di idee sbagliate. Per capirci, chi andrà al Classico ne deve uscire sapendo greco e latino come la strada di casa, non riempirsi la bocca di Magna Grecia senza manco sapere in che millennio c’è stata o sproloquiare su Pitagora. E a chi sceglie un indirizzo professionale, tutti gli onori: ma deve uscirne un professionista e gran lavoratore, non un diplomato di diploma qualsiasi pur di cercarsi un posto seduto. Una classe dirigente nuova? Sed haec somnia sunt. Ulderico Nisticò
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