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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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Psicoanalisi del calabrese medio
A Caroniti, paesino del Poro, non vogliono sentire ragioni: san Gennaro è loro concittadino, e, da devoti fedeli, hanno celebrato una S. Messa in suo onore. Hai voglia a spiegargli che la stessa Chiesa pose Gennaro tra i molti santi la cui esistenza stessa è dubbia, e comunque di lui non si sa quasi nulla a parte che fu vescovo di Benevento; e c’è a Napoli la liquefazione del sangue, un evento tuttora sospetto, visto che nel 1798 non batté ciglio a liquefarsi di fronte ai peggiori assatanati giacobini e massoni di Championnet, e così in altre occasioni; del resto anche il sangue di san Pantaleone è prodigioso a Montauro, però non se lo filano manco i locali: giusto due mattinate l’anno di festa. Del resto, ragazzi, noi abbiamo, per stare vicino: a Roccelletta, una delle aree archeologiche più notevoli del Meridione, e più di un noto intellettuale di Soverato mi confessò di non averci mai messo piede; a Tiriolo, due castelli, palazzi, antiquarium, scialli, abbazie, e tutto quello che sanno è che Ulisse, divenuto da ufficiale di marina un vecio degli Alpini, sbarcò a 800 metri d’altezza, dove Nausicaa stendeva i panni al vento; e Squillace ha tesori di storia, senza bisogno di un patetico e inutile gemellaggio con Itaca; e anche la Pietà del Gagini non scherza; e la Certosa; e Badolato; e i portali di Davoli e Montauro… eccetera; tutta roba rigorosamente sconosciuta. Come mai? Ma perché il calabrese medio è, come direbbero gli etnologi ante Lévy Strauss dei primitivi, un grand bébés, un bambino nonostante l’età; e non cerca la verità, di solito noiosa e ragionevole, ma le favole; e a scuola non gli hanno insegnato a distinguere la fantasia dalla realtà. A me sì, e Dio renda merito soprattutto a don Pasquale Voci e a don Michele Pacifico. Al calabrotto medio piacciono i raccontini esaltanti e consolatori, oppure il contrario, cioè i piagnistei; mai i fatti, le date, i luoghi, i numeri, la filologia, le prove… tutte cose per forestieri, per inglesi e francesi e tedeschi (a parte Wolf, s’intende) e piemontesi e lombardi: noi siamo eredi della Magna Grecia… ah, quasi scordavo proprio la madre di tutte le bufale. Fate questa prova, ragazzi: il prossimo che pronunzia “MMMMaggggna GGGGreccia”, chiedetegli dove e quando fu, un nome, Stesicoro Democede Ibico Anassila Alessi Nosside Micito Alcmeone… ecco il gioco: sono otto nomi, fatevi dire quali sono i quattro poeti e chi erano invece gli altri. Vi preannunzio crasse risate. La Magna Grecia ci fu davvero, solo che i suoi eredi sanno a mala pena Pitagora ruminante ed erbivoro. Attenzione: l’ignoranza non è un peccato né un reato; lo è invece la presunzione ostinata a non volersi correggere; e qui scatta ancora l’infantilismo. Dite a un bimbo che non esiste la Befana? Ve lo fate nemico, lui e soprattutto la mamma. Aggiungete che i bufalari, a parte l’essere privi di ogni angelo del dubbio, ci campano sopra, hanno il loro piccolo momento di notorietà in paese e tra i cugini; scrivono persino libri; trovano il corrispondente locale che, per amore di farsi pagare il pezzo, li intervistano. Perciò la psicoanalisi è biunivoca: i bufalari pascolano, ma trovano anche molti clienti per vendere le loro mozzarelle adulterate. Ulderico Nisticò
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