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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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La Madonna del Rosario
Papa Ghlisleri, san Pio V, un dotto e mite domenicano, tuttavia conscio dei suoi doveri verso il mondo cattolico, compì il prodigio diplomatico di una assai eterogenea Lega di Venezia, Genova, Spagna per portare la guerra nel campo nemico, e dissuaderlo da ogni velleità di conquista; e sperava di unire, attraverso un’impresa comune, quanto restava del cattolicesimo assediato da musulmani e protestanti. La flotta che si riunì a Messina era in massima parte veneziana, genovese e napoletana, e anche le navi spagnole imbarcarono marinai italiani e in specie calabresi; molte città e diversi feudatari di Calabria armarono proprie navi. Come sempre nella nostra storia nazionale, poteva tenere assieme questi troppo rapidamente collegati solo un comandante straniero. Fu don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, giovanissimo e già sperimentato in guerra, conscio della sua autorità di sangue e di valore, inflessibile verso se stesso e verso gli altri: la figura austera e grave di Goffredo di Buglione nella Gerusalemme Liberata del Tasso. Ci si dovette anche opporre alle mire di Filippo II, che avrebbe preferito condurre la flotta contro l’Africa. Tenne la Predica della nave cristiana padre Lattanzio Arturo da Cropani; e dopo Lepanto, la Predica della vittoria. Le abbiamo pubblicate anni fa. Lattanzio viveva a Squillace alla corte del vescovo Marcello Sirleto, nipote del cardinale. Il papa affidò la flotta alla Madonna Auxilium Christianorum, che sarà l’Ausiliatrice di don Bosco; e, nel suo saio bianco che non aveva abbandonato con l’elezione, si chiuse in preghiera. Il 7 ottobre 1571 la flotta italospagnola distruggeva le squadre nemiche a Lepanto: un angelo volò ad annunziarlo al papa, e questi proclamò la gloria della Madonna della Vittoria. Poi, da domenicano e più umile, preferì il titolo di Madonna del Rosario. Ma ancora oggi ci sono chiese della Vittoria, e Vittoria è un nome molto diffuso qui da noi. Parteciparono infatti a Lepanto, sotto le bandiere di Gaspare Toraldo barone di Badolato, molti volontari dei nostri paesi; e il Corsale di Castelvetere (poi malamente Caulonia), che da anni conduceva una sua guerra. Altro che mamma li Turchi! Ma, vedete quanto a volte è spiacevole il dovere di storico, devo qui anche ricordare, non per la prima volta, Ulugh Alì o Dionigi delle Castella, bey di Tunisi e Algeri, e dopo Lepanto, come unico superstite, ammiraglio del Sultano: calabrese anche lui, ma dall’altra parte. Così è fatta questa nostra strana terra. Ulderico Nisticò
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